Friday, January 15, 2010

Originalità precaria

Dopo una lunga pausa, dovuta a cambiamenti strutturali che hanno attraversato la mia vita e il mio sito, ho pensato di ricominciare la scrittura del blog testuale con una piccola riflessione che ho ritrovato in mezzo ai miei Google Doc. Niente di trascendentale, solo un po di parole in libertà per alleviare un allora stato emotivo. Giuro che poi scriverò solo cose nuove e niente ricicli, per quanto inediti.

La precarietà è una strana sensazione. Soprattutto quando non ne hai la sicurezza. Già, ma come si fa ad avere la sicurezza di un qualcosa che non è di per sè sicuro. Touchez. Non so come spiegarla è un qualcosa di veramente particolare che riesce a bloccarmi completamente. Certe volte sembro un immagine freezata su uno schermo. A che pensi? Eh? No niente. Non lo so. Stavo solo guardando.
Le cose sembrano andare meglio. Almeno credo. Mi sembra di avere un biglietto vincente della lotteria. Lo so che è quello giusto. Solo che a un certo punto si insinua in me il dubbio, lecito, e se non fosse quello giusto? Come si fa ad avere un biglietto vincente e a saperlo. E’ impossbile. Avrei dovuto barare, cosa che non ho fatto. Quindi? Altre ipotesi mister Watson? No. Lo sapevo.
Quindi è inutile farsi domande sulla precarietà. Non porta a nulla. E’ intrinseco nel suo significato. Precario. “Non stabile, di incerta durata”. Ah perfetto non solo non so se accadrà, ma non so neanche quanto dovrò aspettare. Situazione Kafkiana non c’è che dire.
La nostra è una generazione precaria. Non ha futuro. Non sappiamo cosa accadrà. Beh in linea teorica nessuno sa cosa accadrà. Vero. I nostri genitori non sapevano cosa sarebbe accaduto. Vero. Però erano come coperti da un innato positivismo che li portava comunque a vedere il meglio davanti a loro. Per noi le cose sono diverse. Si, la tecnologia va avanti. Ma ultimamente tutto appare più rallentato. Negli anni sessanta si diceva, “presto sperimenteremo i viaggi interstellari”. Non erano ancora andati sulla luna e già pensavano oltre. E oggi? Oggi si dice che forse torniamo sulla luna. Perchè? A che pro? E come se domani uno scienziato dicesse “stiamo sperimentando il vaccino contro il morbillo”. Ma ce l’abbiamo già. Visto che non riusciamo ad andare avanti allora ci facciamo una bella ripassata. Wow. Davvero deprimente. I nostri padri sognavano la luna. Noi sogniamo la luna, in seconda battuta.
E’ come i nei sequel. Ritrovi quell’ambiente che ti era piaciuto. Lo apprezzi, ma allo stesso tempo dici “beh…però non è credibile come nel primo”. Ecco forse un grosso problema è la ripetitività. Intorno ai 20 anni soffrivo di una tremenda voglia di inventare qualcosa di originale. Di cercare di raccontare qualcosa di mai raccontato prima. Ogni volta mi rendevo conto che anche il più piccolo racconto era già stato raccontato. La più cacofonica nota suonata. La più divertente battuta detta.
Non c’è niente di peggio dell’essere non originali. Già visti. Non sopporto l’idea di ripetere. Forse per questo a un certo punto la recitazione mi è andata stretta. Mi sembrava un dettato. Volevo un testo nuovo. Volevo variare il testo. Mi resta difficile seguire i binari tracciati da qualcun altro. Eh lo so, questo è una mia debolezza, in quanto molto spesso non do alternative alla mia negazione. Quindi cosa vuoi dire? Eh. Non lo so. Ma non questo. Infantile. Si.
La fotografia venne in mio aiuto. Un giorno lessi per caso “La camera chiara” di Roland Barthes. Improvvisamente mi resi conto che l’originalità che tanto cercavo non era per forza qualcosa di mai visto. Bastava cambiare il punto di vista. L’ordine, il colore, la luce. La stessa immagine poteva essere molto diversa. Basta sentire tre racconti dello stesso evento. Alcuni fattori faranno si che ognuno metta elementi diversi. Il racconto rimarrà più o meno lo stesso ma ogni volta acquisirà nuove sfaccettature. La foto ne è l’esempio diverso. Un campo lungo un primo piano un dettaglio, sono vari esempi della stessa cosa. Cambia il punto di vista. Questo ragionamento ha alleviato per un po’ la mia sete di originalità.

Wednesday, September 2, 2009

Exploitation film. S.Darko.

I sequel si sa non sono sempre il miglior prodotto da andare a vedere al cinema. Quasi sempre sono riproposizioni di quello che abbiamo già visto e apprezzato nel capitolo precedente. Ci sentiamo a nostro agio, conosciamo i meccanismi e se gli sceneggiatori hanno usato un po di testa usciamo quasi soddisfatti dalla sala. Altre volte capita che alcuni produttori pensino bene di prendere un brand già andato bene e decidano che sia venuto il momento di sfruttarlo per meri fini commerciali, possibilmente spendendo il meno possibile. In passato è perfino accaduto che qualcuno prendesse possesso di una serie fregandonese di diritti di autore e coerenza narrativa. Sono i cosi detti exploitation film. Un esempio alquanto particolare è Terminator 2 di Bruno Mattei di cui trovate la locandina poco più in alto. No. Non avete letto male. Se guardate attentamente l’immagine sfocata poco più sopra vi accorgerete che per quanto il faccione sia l’attuale governatore della california, i titoli sottostanti non corrispondono al Judgement Day del 1991.
Uscito nel 1990, un anno prima di quello di cameron, è stato distribuito in italia con questo titolo e all’estero con altri discutibili come Alienators o simili. A parte la locandina e il titolo non ha nulla in comune con il film di Cameron. Il film è ambientanto in una sottospecie di Venezia post atomica che vediamo brevemente nelle scene iniziali, le uniche girate in esterna.
Tutto questo preambolo per dire che qualche giorno fa sono malauguratamente finito a vedere S.Darko. Sequel di Donnie Darko (2001). I fatti raccontati si svolgono 7 anni dopo e vedono protagonista la piccola Samantha Darko (peraltro interpretata dalla stessa attrice che in Donnie Darko faceva la sorella…solo che ora è cresciuta). Ci troviamo in uno sconosciuto pezzo di terra della provincia americana. Due ragazze stile thelma e louise decidono di svignarsela dalla Virginia. Siamo nei pressi del 4 luglio. Si rompe l’auto e le due sono bloccate in un paesino dove conoscono una versione di Luke Perry dei poveri (e ce ne vuole…) che irretisce una delle due (non Sam). Si beve. Si fuma. Le due sono sempre bloccate, ma nel frattempo Sam comincia a fare sogni strani. Soffre di sonnambulismo come il fratello (anche se in Donnie Darko non sembrava avere alcun problema, a parte quello di voler fare la velina a 7 anni). Nel paese sono scomparsi alcuni bambini, che naturalmente compaiono alla SDarko con voce sintetizzata. Tutti pensano che i bambini siano stati rapiti da quel maniaco di Iraki-Jack (che detto cosi sembra un eroe dei fumetti), un problematico soldato tornato dalla guerra in Iraq (siamo nel 1995…quindi la più vicina è quella in Kuwait nel 1991…ehm…) che a vederlo sembra Solid Snake di MGS. Le apparizioni della S.Darko si moltiplicano. Anche lei ha la voce sintetizzata e assomiglia molto alla ragazzina di The Ring. Profetizza la fine del mondo a Iraki-Jack che decide di costruire una maschera di coniglio. Ah Iraki-Jack ha una copia del libro che leggeva Donnie Darko. La filosofia dei viaggi nel tempo. La S.Darko viene investita. Muore. Luke Perry dei poveri commenta cosi dopo esserne stato la causa della prematura scomparsa “Cazzo non sai quanto mi dispiace” (Dai non disperarti vedrai che starà bene…(NDR). Seguono una serie di passaggi temporali poco chiari. Un reverse. Un paio di accelerazioni. La Sam torna in vita e muore la sua amica. Un nerd compra un meteorite e soffre di fastidiose escoriazioni. Una pioggia di meteoriti. Sam rimuore per colpa della maschera di coniglio. Il nerd impazzisce. Reverse.
Il film è stato distribuito al cinema in Italia. In USA era solo per il mercato Home Video. Come al solito noi ci dobbiamo beccare la mondezza in sala. Lo scrittore dell’originale Donnie Darko ha così commentato: “To set the record straight, here’s a few facts I’d like to share with you all — I haven’t read this script. I have absolutely no involvement with this production, nor will I ever be involved.”.

Friday, August 28, 2009

Io sto bene - Short Story.

La sala era molto affollata. Le poltrone e i divani erano pieni e scricchiolavano ogni qual volta una persona aggiustava la sua posizione. Sui tavolini erano poggiate un numero imprecisato di riviste. Tutta la spazzatura che l’editoria poteva aver prodotto era lì. Alcuni sfogliavano, alcuni guardavano le figure, altri addirittura leggevano. L’inserviente ogni tanto si affacciava alla porta dava un occhiata e si allontanava. Da lontano riecheggiavano i nomi dei pazienti chiamati. G per fortuna aveva un buon orecchio, altrimenti non sarebbe mai riuscito a comprendere quel mugugno che l’infermiera produceva aprendo la porta. Una signora anziana sedeva accanto a G. Povera vecchia. Probabilmente sono anni che sta qui ad aspettare. Stava leggendo una di quelle “riviste”. Muoveva leggermente le labbra come quando si legge a mente. Cosa stesse leggendo rimaneva però un mistero visto che su entrambe le pagine si stagliava una enorme foto. Qualche soubrette credo. Non ne sono sicuro. Non amo la tv. Non l’oggetto in se, anzi tecnicamente lo trovo affascinante, ma quello che ne scaturisce. Quell’enorme ammasso di vuoto. Non capisco cosa sia successo. Un tempo la tv aveva intenti educativi, conoscitivi. Oggi sembra l’opposto. Appena qualcosa di interessante appariva in quel piccolo tubo catodico potevi star certo che sarebbe stato cancellato e che non si saebbe piu ripresentato. Maledetto auditel. Mentre pensava queste cose g. Stava stritolando una rivista che aveva preso in mano. Resosi conto della situazione, in maniera un po’ goffa cercò di stirare la carta. Nessuno sembrava averci fatto caso. Tantomeno la vecchia accanto a lui che continuava a mugugnare.

La sala era grigia. Non solo i muri, ogni cosa era priva di colore. Ai quattro angoli della stanza c’erano altrettante lampade rigorosamente ikea. G adorava quelle lampade fino a quando non scoprì che le possedevano la quasi totalità della popolazione mondiale. Soprattutto i dentisti sembravano apprezzarle particolarmente. Nonostante questo G. non poteva trattenere un sorriso alla loro vista.

Sulla sala era calato un profondo silenzio. Anche lo scricchiolio dei divani sembrava essersi placato, come se qualcuno avesse diligentemente oliato il di dietro di tutti i presenti.

Che ora era? Era passato cosi tanto tempo da quando era entrato in quel luogo che g si era scordato perchè era li. “Che diavolo sono venuto a fare qui”. Mugugnava come la vecchia accanto a lui. Perlomeno il suo labiale era chiaramente leggibile “C-o-s-a d-i-a-v-o-l-o s-t-o f-a-c-e-n-d-o q-u-i?” g scandiva il proprio pensiero ma nessuno sembrava farci caso così cominciò anch’egli a mugugnare indefinitamente. Vediamo. Mi fa male qualche arto? No sembra di no. Mosse con calma ogni angolo del suo corpo. I movimenti facevano scricchiolare la pelle del divano. La signora accanto non sembrava disturbata dall’improvviso movimento, anzi colse l’occasione per aggiustare la sua seduta e girare pagina. Poi ricominciò il suo mugugno indefinito.

Niente dolore agli arti. Interessante. Solo qualche scricchilio alle ginocchia. Ma quello g l’ha sempre avuto. Quante volte deve essere sembrato un imbecille. Seduto dava calci al vuoto per far scrocchiare le ginocchia. La cosa gli dava un immenso sollievo. Potrei avere qualcosa agli occhi. G cominciò a volgere il suo sguardo a un cartello sul muro. Socchiuse leggermente gli occhi come per concentrare la vista. G l’aveva sempre fatto, Piu un vezzo che altro. g era ipermetrope ci vedeva anche troppo. Il cartello diceva “sei sicuro di stare bene? Per sicurezza chiedi al tuo medico” subito accanto “un medico al giorno leva le malattie di torno.” cartelli di questo genere erano sparsi ovunque. L’immagine di un medico con il suo stetoscopio puntato verso lo spettatore troneggiava al centro del muro. In basso la scritta “I want you”. la vista sembrava andare piu che bene. La lingua. Forse era la lingua il problema. “troglodita” “tetraedro” le due parole echeggiarono al centro della sala. Qualcuno alzo la testa per poi rimetterla giu. Un signore in fondo chiese “hanno chiamato me?” nessuno rispose.

La lingua sembrava a posto. “Ma insomma che diavolo sto facendo qui”. La lingua a posto, idem gli arti, nessun dolore alla testa, gli occhi ci vedono anche troppo. Io. Io credo di stare bene. Si. Io sto bene. “io sto bene” ripete ad alta voce. Tutti si voltarono verso g. A quanto pare tetraedro e troglodita erano due parole molto poco interessanti. Ci fu un mugugno di fondo. Poi la signora accanto a g chiese ” come dice ragazzo?” “io sto bene, mi sento bene” disse g con aria fiera. La donna lo guardo di traverso poi disse “è sicuro di stare bene?, magari è solo una cosa passeggera, vedrà che qualcosa le verrà” “si non faccia cosi. Prima o poi le verrà qualcosa e il medico la visiterà, non si deve agitare.” tutti sembravano molto preoccupati per la situazione di g. “magari se prende qualche pasticca potrebbe venirle qualche effetto collaterale, io ho un po di cortisone se vuole favorire.” “io sto..voglio dire..” tutto quel vocio e quell’attenzione aveva fatto venire a g. Un enorme cerchio alla testa. “che dolore alla testa” “ah meno male, per un attimo mi ha fatto preoccupare” disse la signora voltando pagina. Riaggiustata la sua seduta rientrò in quel suo mugugnare. Il resto dei presenti, tirato un sospiro di sollievo, era rientrato nello stato catatonico precedente alla frase di g. Anche il medico appeso al muro con il suo grande stetoscopio sembrava piu tranquillo. G. Socchiuse gli occhi cercando di lenire il dolore alla testa. Quei maledetti divani scricchiolavano che era una meraviglia e il crepitare delle pagine dei giornali sembravano onde che si increspavano prorpio contro la povera testa di g. “speriamo che il medico si sbrighi”.

Monday, March 9, 2009

Twilight

Appena conclusa la visione della serie True Blood avevo bisogno di altro sangue con cui saziare…ehm, volevo dire, avevo voglia di dare una vista (come una letta…) a Twilight. Dato il successo ottenuto, per quanto consapevole si tratti di un film adolescenziale, l’ho guardato fino in fondo. Ho quindi imparato che i Vampiri sono: bianchi, pallidi, ma la cosa non sembra destare sospetti in nessuno intorno a loro; Amano la luce, al massimo il sole li fa brillucicare un po’; bevono sangue animale; sono stati salvati una volta morsi…non uccisi da altri vampiri; non hanno bisogno che l’umano gli chieda di entrare per entrare in una casa; amano il baseball acrobatico (da matti); vivono in case di design (sullo stile di Lloyd Wright sembrano gradire particolarmente); hanno poteri variabili a seconda del caso; il protagonista legge nel pensiero di tutti tranne della protagonista; amano andare in giro con macchine sportive; guidare sportivo; saltare da un albero all’altro (sono pur sempre discendenti dalle scimmie…); hanno problemi di impotenza; non hanno un letto, tantomeno una bara nella quale passare il giorno; ascoltano Chopin, i notturni…eh certo…; che dire mi è proprio piaciuto.

Mentre si stanno spremendo su come portare avanti questo polpettone per i prossimo 4 anni, ecco qualche appunto per rovinare qualche altro filone:

Superman Re-Returns: Superman torna, ama mangiare criptonite non sa volare in realtà salta solo molto in alto, mangià solo tacos, la S è stata cambiata in SM per essere più specifici, non scrive più per il giornale, internet lo ha fatto chiudere e non si traveste più da Clark Kent, lascia il vestito e mette solo gli occhiali, tanto la gente non lo riconosce lo stesso.

La mattinata dei morti viventi: i morti in realtà non sono morti, sono morti male, non sono credibili, mangiano solo cervello di animali, possibilmente poco intelligenti, possono essere uccisi solo se messi per più di venti minuti di fronte a Porta a porta. Amano le macchine sportive giocare a baseball acrobatico…etc etc…

Dimlight

Saturday, February 28, 2009

True Blood

Pare che questo sia l’anno del vampiro. No, non è un oroscopo cinese a dirlo, ma il box office. Twilight è stato un successo incredibile, e probabilmente lo saranno anche i suoi seguiti. La produzione era cosi preoccupata di mettere in moto il sequel che ha pensato bene di licenziare la regista (Catherine Hardwicke) ancor prima che si mettesse al lavoro solo perchè aveva chiesto un po di tempo per lavorare alla sceneggiatura. Hollywood non può attendere così a lungo.

L’altra faccia cinematografica di questa vampiromania è “Lasciami entrare” di Tomas Alfredson, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di John Ajvide Lindqvist. Questa volta i vampiri sono veri vampiri, ma bambini. Il film racconta in modo molto delicato un infanzia difficile di un bambino perseguitato dai bulli che incontra una “piccola” (solo all’apparenza fisica) vampira. La loro amicizia porterà entrambi a capire qualcosa di loro stessi.

I romanzi e le pubblicazioni a tema si sprecano e anche la televisione sembra aver subodorato la possibilità di un nuovo mercato. In un momento molto felice (di sovraproduzione azzarderei) di serial tv, l’horror sembra essere l’unico a mancare all’appello tra i generi ancora non affrontati. Troviamo il thriller, la commedia, il poliziesco, il romantico, ma di horror nemmeno l’ombra. Qualcuno dirà: “e Buffy?” Si è vero. Buffy partiva da una serie di racconti horror. Si potrebbe dire che in un certo senso è un precursore di questo successo dei vampiri soprattutto tra gli adolescenti ( per vostra curiosità esiste un film dal titolo Buffy l’ammazza vampiri che risale addirittura al 1991 e che ha per protagonista un redivivo Luke Perry…si proprio Dylan di Beverly Hills 90210, no comment sull’ultimo remake di quest’ultima serie…). Quello che è sempre mancato è un approccio più adulto al tema. Per farla breve che almeno vengano rispettate le regole base ( in Twilight i vampiri non hanno paura della luce e succhiano sangue animale…in pratica sono una strana forma di vegetariani, odiati dai vegetariani).

Tutti si sarebbero aspettati interesse da una grossa major commerciale invece a sopresa l’HBO ha commissionato a Alan Ball (già creatore di Six Feet Under) una serie nuova di zecca dal titolo True Blood.

In un futuro non ben precisato i vampiri e gli umani possono vivere assieme pacificamente grazie all’invenzine rivoluzionaria di una ditta farmaceutica giapponese, che ha inventato uno speciale tipo di sangue sintetico che può soddisfare i bisogni dei vampiri. Bill Compton un vampiro ultra centenario decide di trasferirsi a Bon Temps, un piccolo paesino della Louisiana. Qui incontra Sookie, una cameriera che ha il dono di leggere nei pensieri delle persone (lo so cosa state pensando…ma dategli ancora una chance). Naturalmente tra i due nascerà qualcosa, e naturalmente nel piccolo paesino di Bon Temps tutto non sarà più come prima. Una serie di omicidi metterano a repentaglio l’integrazione tra umani e vampiri.

Questa, in due parole, la trama di True Blood (di cui naturalmente non svelerò alcun segreto, per non rovinare la sopresa a chi vorrà goderselo su Fox il prossimo aprile) una serie che fin dal primo fotogramma della sigla vi stregherà. Bad Thinghs canzone di Jace Everett accompagna una serie di immagini apparentemente slegate fra di loro: sesso, religione, morte, sangue. La prima impressione è di straniamento. Di solito una sigla ci presenta dei personaggi, in questo caso invece vediamo luoghi, persone che non appariranno mai all’interno della serie. Il suo intento è quello di farci saltare in un altra dimensione, quella di Bon Temps. Accelerazioni, rallentamenti, KuKuxKlan, purificazioni, danze estreme, 90 secondi (un eternità se li paragoniamo ai 10 secondi di Lost) che vi porteranno a credere alla realtà creata da Alan Ball.

Sigla - True Blood

Sullo sfondo delle avventure dei vari personaggi, imperversa la televisione che di volta in volta ci aggiorna su quelle che sono le battaglie politiche che la lega dei vampiri (di cui trovate anche un “viral” sito http://americanvampireleague.com/) porta avanti per dare a umani e vampiri gli stessi diritti. Non è un caso che la serie sia ambientata nel sud degli Stati Uniti, luogo dove già si è combattuto per i diritti degli afroamericani.
La sessualità è un tema centrale ( come anche in Six Feet Under), e molte volte vediamo l’omosessualità intrecciata al vampirismo. Anche qui, come spesso capita, la metafora fantastica si occupa invece di problemi attuali. Le lotte politiche per i vampiri sembrano molto simili a quelle dei diritti dei gay (con tanto di richiesta matrimoni tra umani e vampiri accettata solo in alcuni stati) e gli attacchi della chiesa cattolica sembrano molto simili a quelli che sentiamo riguardo a questi argomenti.

Naturalmente True Blood non è un serial politico, tutt’altro. La sua varietà ci porterà a ridere (la surrealtà di Alan Ball c’è sempre) ad aver paura (è un horror) a schifarci (non mancherà lo splatter anche se ben dosato…) e a conoscere un po’ meglio la figura moderna del Vampiro Mainstream (cosi vengono definiti quelli che vogliono far parte della società civile).

Questa non vuole essere una recensione, ho appena terminato la prima stagione ed è troppo complicato trarre qualcosa di razionale in cosi poco tempo. La sensazione è che seguirò la seconda stagione. Con quest’articolo volevo solo incuriosirvi verso una serie non convenzionale. Non sarà un aggancio immediato. Forse dovrete dargli un po’ di tempo, ma vi assicuro che dare un occhiata a questa serie non sarà una perdita di tempo.

True Blood - Trailer